venerdì 18 settembre 2009

LA PIOGGIA DI STELLE

La luna era stata letta. Non lasciava molte speranze.
I Sarti rammendarono i palloni aerostatici. Tre grandissimi: uno giallo, uno verde ed uno rosso. Il primo si chiamava Linandir, il secondo Oussa e il terzo, cremisi come i tramonti delle spiagge di Boxala, Yuldra. Ogni cesta poteva ospitare dieci guerrieri. Trenta di loro non sarebbero bastati.
Ma il giorno moriva e le stelle si preparavano a cadere. Laggiù dove il mondo finisce, per dare modo ad altri mondi di nascere, la pioggia di luce si sarebbe riversata sulla terra. Inondando le valli ed i campi, avrebbe investito la città di Aviessa e i suo mille abitanti. Donne, bambini e cuccioli di drago. La dinastia millenaria spazzata via in pochi attimi. Forse un destino indolore…
Ma Imassan non si dava per vinto. Avrebbe guidato i suoi trenta guerrieri a bordo dei palloni, raggiunto le alte vette di Arsavia, affrontato la tormenta e dispiegato il suo potente ombrello. Trenta ombrelli incantati contro la pioggia di stelle.
In un sogno lontano un bambino aprì gli occhi. Anche lui sapeva della tempesta. Anche lui era a conoscenza della minaccia che incombeva sulle piccole lucertole. Un mondo senza draghi. Migliaia di storie perdute. Milioni di bambini senza storie.
Il tuono brontolava. La pioggia sarebbe arrivata, ma non era una tempesta come le altre. Mentre sua madre lo accompagnava a scuola, vide le bianche saette trafiggere il cielo, e si ricordò del sogno.
Scese dall’auto ed afferrò il grande ombrello verde dimenticato nel portabagagli. Sua madre lo guardò incuriosita, ma poi alzò lo sguardo al cielo e disse: «Prendilo si. Potrebbe servirti.»
“Sicuramente”, pensò il bambino.
Corse verso un grande edificio di mattoni rossi. Le prime gocce stavano già cadendo. Sperava che i guerrieri, guidati da Imassan, avessero già raggiunto le vette. Vide alcuni compagni di classe nel piazzale davanti all’entrata. Gli urlò: «Ragazzi, venite con me.»
Gli altri lo conoscevano bene. Conoscevano i suoi occhi, la sua determinazione, il suo spirito. Non gli chiesero niente ma, armati anche loro di ombrello, lo seguirono. Dietro la scuola c’era il parco giochi. Tra uno scivolo, un altalena ed un tavolo da ping pong, otto ragazzi si riunirono in cerchio. Il bambino con l’ombrello verde parlò.
«Ho sognato la città di Aviessa.»
Gli altri mormorarono, increduli e nervosi.
«Non abbiamo molto tempo. Le mongolfiere devono aver già raggiunto le montagne. Trenta guerrieri cercheranno di ripararsi dalla pioggia di stelle. Aspettano solo il segnale del loro capo. Dobbiamo aiutarli.»
Allora gli otto ragazzi afferrarono i loro ombrelli, pronti a muoversi al comando di colui che aveva parlato. La pioggia cadeva più fitta. Le saette continuavano ad esplodere nel cielo.
In un altro sogno le stelle incominciarono a cadere. Un uomo molto alto e con gli occhi di zaffiro, urlò il suo comando. Trenta guerrieri aprirono insieme i loro ombrelli incantati. Non sarebbero mai bastati se quel bambino non avesse udito la chiamata. I ragazzi nel parco giochi dietro la scuola aprirono a loro volta gli ombrelli.
La pioggia di stelle cadde. Poeti e innamorati la osservarono estasiati, del tutto ignari del segreto che nascondeva. La maggior parte degli uomini non bada a fenomeni di questo tipo, eppure la natura ci parla ogni giorno attraverso eventi del genere.
Gli ombrelli dispiegati nei due mondi, distanti nello spazio ma vicini nel sogno, salvarono Aviessa, la città degli allevatori di draghi. E salve furono così anche tutte le storie dei bambini in cui essi dimoreranno.

Aeribella Lastelle - 2008

1 commento: