martedì 22 settembre 2009

LA TORRE CHE DANZA NELLO SPAZIO E NEL TEMPO



Quel che rimaneva del crepuscolo andava perdendosi ad ovest, là dove il mare e le spiagge di Trygold si univano al margine di una striscia di terra sabbiosa. Rey-Hawk, dall’alto della scogliera a ridosso della costa, guardava dall’altra parte, una sporgenza di roccia bianca velata da una fitta nebbia color del vespro. Lassù presto sarebbe apparsa la sua meta. Aveva viaggiato molti mesi e cercato a lungo, ed infine era giunto fino alle sconfinate regioni settentrionali del Continente, fredde lande desolate dove i mari erano sempre inquieti, e gli uomini che le abitavano avevano un carattere scontroso ma fiero. In alto Aways, la luna azzurra, e Demhos, la luna rossa, gettavano lo sguardo su di lui e i suoi tre compagni di viaggio. Kya, la luna gialla, doveva ancora sorgere. Rey-Hawk, con la sua voce grave ma gentile, si rivolse agli altri.
«Dopo tanta fatica, credo che sia arrivato il momento di riposare. Il tempo prestabilito non è ancora giunto.» Detto ciò, posò a terra la sua sperana, il lungo bastone da Stregone-Guerriero munito di una corta e dura lama ricurva. Poi si accomodò in posizione di rilassamento, secondo le tecniche rituali della sua scuola. Lasciò che il vento gli scompigliasse i lunghi capelli grigi e gli accarezzasse i folti baffi. A occhi chiusi incominciò a cantare sottovoce un’ancestrale litania.
Gli altri, ormai abituati all’incantesimo di protezione che il capo del gruppo eseguiva ad ogni sosta, prepararono l’accampamento. Gereen, abile cacciatore delle terre dell’ovest, si avviò verso il vicino boschetto con la balestra in pugno. Aveva occhi buoni per cacciare anche nelle buie ore della sera, quando le ombre si fanno ingannatrici. Stepeleo il mezzo-goblin si occupò del fuoco. Quando la lingua di fiamma incominciò a danzare, i suoi occhi rossi luccicarono malignamente. Quella piccola creatura bastarda, al soldo dello Stregone, si era rivelata un buon servitore ed un ottimo scout. Poi vi era Oceana, adepta delle Sacerdotesse di Demhos, la luna rossa. Bellissimi erano i lineamenti del suo volto, nel quale dimoravano due occhi lunghi e penetranti. La sua pelle color del bronzo era cosparsa di curiosi tatuaggi, che rilucevano alla luce della luna. Lei preparò le vettovaglie, e benedisse il vino che versò in quattro coppe di bronzo.
Gereen tornò con dei conigli che il mezzo-goblin arrostì sul fuoco. Poi mangiarono e bevvero il vino benedetto, che addolciva la mente e rinvigoriva il corpo. Rey-Hawk si era fatto pensieroso e taciturno, mentre gli altri parlavano tra loro di leggende e vecchie storie, scherzando a volte per alleggerire l’atmosfera. Tutti quanti sapevano che, dietro un velo di nebbia sfuggente, uno strano destino li attendeva.

Era ormai buio e Kya era cresciuta nel cielo, mentre Aways si perdeva tra i monti del sud. Rey-Hawk parlò ai suoi compagni dopo molto silenzio.
«Il tempo si avvicina. Quando Kya sarà alta, la torre di nera-perla apparirà sopra la sporgenza. Così è stato scritto da Mornigo il Cronologo, nelle pergamene che trovai dentro l’antica biblioteca di Miralia.»
«Sei certo che si trovi lì l’Oracolo di Cronox, il Signore del Tempo?» domandò Oceana.
«Le scritture parlano chiaro» rispose Rey-Hawk. «Almeno che non abbia frainteso i codici dei maghi, la Torre che Danza nello Spazio e nel Tempo dovrebbe apparire stanotte. Dentro una delle sue stanze si nasconde la Bocca di Cronox.» Volse lo sguardo verso la sporgenza ancora ammantata di nebbia. La bruma emanava una strana luminescenza verdognola, un fenomeno che metteva i brividi addosso.
«Cos’è che cerchi maestro? Forse la mia domanda è ardita, ma molte sono le miglia che ho percorso al tuo fianco. Piacevoli sono stati i giorni, emozionanti le battaglie ed i pericoli incontrati. Ora però temo qualcosa. Credo di avere il diritto di sapere, prima di varcare la soglia di quella torre.» Così parlò Gereen il cacciatore.
«Hai ragione mio caro compagno. È ora che tutti voi sappiate perché sono giunto fino a queste remote terre. Alcuni di voi mi hanno seguito perché attratti dall’avventura. Altri» e volse lo sguardo verso Stepeleo «per il solo tributo dell’oro.» Il volto del mezzo-goblin s’illuminò appena udì quella parola.
«Quale che sia stato il motivo che vi ha condotto sin qua, è adesso giunto il momento di rivelarvi i miei propositi.»
Per un momento che parve interminabile, Rey-Hawk lasciò che fosse solo il fuoco a parlare.
«Lunga è la mia storia, e tante sono le cose che ho imparato nel corso delle mie avventure. Col tempo sono diventato un potente stregone ed un abile guerriero, con la lama della mia sperana ho cacciato creature immonde, e ho sconfitto malvagi incantatori con le arti insegnatemi dal mio maestro. Solo un nemico ancora mi sfugge e m’inganna, mi ferisce trasformando la mia chioma corvina nel colore della cenere. Lo sento muoversi lentamente nelle ossa, lo avverto nella stanchezza che a volte mi coglie, lo vedo attorno a me mutare tutto quello che un tempo è stato diverso, più giovane. Ecco perché desidero parlare con il Signore del Tempo. Voglio sapere come sconfiggere il suo inganno.»
Il silenzio cadde tra gli astanti. Il fuoco guizzò con nuova vitalità. Oceana parlò.
«C’è un antico patto che lega il culto della Luna Rossa a Cronox. Noi sottostiamo ad esso e non ci è permesso di andare contro le sue leggi. Credo che il Dio del Tempo abbia sigillato questo accordo con tutti i culti. È così e basta.»
«Non fu così per Mornigo.» Era stato il mezzo-goblin a parlare. «La leggenda dice che abbia sfidato il tempo ed abbia vinto il suo segreto. Si dice però che molti perirono durante la sua ricerca.»
«È per questo motivo che non posso chiedervi di accompagnarmi oltre» disse Rey-Hawk alzandosi in piedi. «Aspettatemi qui e tenete il fuoco acceso. Forse entrerò in qualche lontana dimensione, e la luce del fuoco mi aiuterà a ritrovare la via per ritornare da voi.»
«Vi seguirò, maestro» esordì Gereen. «Ho camminato troppo a lungo per sedermi accanto a un fuoco e lasciarvi andare incontro al più nefasto dei destini.»
«Anch’io verrò» disse Oceana. «La storia di Stepeleo è solo una delle tante che riguardano Mornigo. Ne ho sentita anche una che lo vuole principe di una terra bellissima al di là del tempo, dove lui e i suoi compagni di avventure vivono in perfetta armonia, senza più contare i giorni.»
Lo Stregone-Guerriero guardò i due compagni cercando una crepa nella risolutezza che li leggeva negli occhi. Non la trovò, così non poté fare altro che accettare le loro scelte.
«Così sia, dunque. E tu cosa farai Stepeleo?» chiese Rey-Hawk al mezzo-goblin.
«Mi sembra di aver capito che avete bisogno di qualcuno che badi al fuoco.»
«Esatto. Tu rimarrai qui e terrai sempre alta la fiamma.» Porse alla scaltra creatura una borsa. «Qui c’è il tuo compenso. Se nessuno di noi uscirà dalla torre entro l’alba, potrai lasciare questo posto e goderti i tuoi denari.»
Stepeleo afferrò avidamente il sacco. «Senz’altro maestro. Come lei ordina!»
«Guardate!» gridò ad un tratto Oceana. Tutti si volsero verso la sporgenza rocciosa. La nebbia verdastra discendeva verso il mare, scoprendo lentamente i contorni di una costruzione longilinea, che s’impennava come una lancia verso il cielo. Era una torre dalle lisce pareti perlacee, nera come la notte, priva di finestre e di balconi.
«Eccola! La Torre che Danza nello Spazio e nel Tempo.» Ray-Hawk raccolse il suo bastone da guerra e s’incamminò verso la sporgenza.

Gereen ed Oceana camminavano dietro lo Stregone, aguzzando al massimo i loro sensi. Si trovavano ormai a un centinaio di passi dalla costruzione, e nella luce delle due lune era facile proseguire il cammino. Oceana vedeva meglio degli altri perché Demhos era amica dei suoi occhi sottili. La nebbia era scomparsa. La nuda torre si ergeva sulla sporgenza, un pilastro tenebroso apparso misteriosamente dal nulla. Poteva sembrare disabitata, ma i tre sentivano che non era così. Qualcosa si nascondeva al suo interno, un’esistenza al di fuori della loro dimensione. Quando furono più vicini si accorsero che non c’era una porta d’accesso. Quasi indistinguibile dalle pareti, si apriva un passaggio verso tenebre solide, un’apertura ad arco alta poco più di due metri. Rey-Hawk portò avanti la sua sperana. La lama ricurva incominciò ad emanare un freddo bagliore, ma la luce magica faceva fatica a scacciare le ombre di quell’anfratto.
«Siete ancora in tempo a tornare sui vostri passi» sussurrò lo Stregone ai due compagni. Il cacciatore e l’adepta si scambiarono uno sguardo d’intesa.
«Siamo con voi maestro!» rispose la dolce voce di Oceana.
Entrarono in un corridoio stretto e profondo. Subito si accorsero che le dimensioni interne della torre non potevano corrispondere a quelle percepite da fuori. Il corridoio procedeva nell’oscurità per molti metri, fino ad aprirsi su una vasta sala della quale potevano solo intuire la grandezza. Rey-Hawk sussurrò una parola incomprensibile, e mentre la luce della lama si affievoliva, questa si sparse leggera per tutto il perimetro della stanza. Adesso potevano intravedere la vastità del luogo, insieme alla grande scalinata che si arrampicava sulla parete opposta. I gradini terminavano sopra un pianerottolo dove si apriva una porta d’ombra. Con prudenza, i tre si avvicinarono alle scale ed intrapresero la salita. I loro passi erano ovattati, come se non ci fosse contatto tra i lori piedi e la scura pietra della torre. Uno strano freddo penetrava le loro membra. Per un attimo Gereen guardò in basso. La scalinata era scomparsa, e il mare schiumoso ribolliva tra gli scogli. Il cacciatore ebbe un sussulto, ma poi la visione svanì, e il freddo lo ghermì più stretto che mai.
Giunsero finalmente sul pianerottolo. Erano davanti ad un nuovo passaggio di tenebra, un’ombra inaccessibile anche alla magia della sperana. Rey-Hawk si fermò a un passo da quell’oscurità insondabile; avvicinò lentamente la lama lucente penetrando il drappo. L’oscurità ingoiò la luce che vestiva l’acciaio, non lasciando intravedere alcunché.
«Nessuna tenebra magica aveva mai respinto la luce del mio bastone» confessò sottovoce lo Stregone. «Credo che se vogliamo proseguire dovremo affidarci all’abbraccio dell’oscurità.» Rey-Hawk rivolse ai suoi compagni uno sguardo di sfida mista a rassegnazione. Poi fece un passo in avanti e scomparì all’istante. Solo il tempo di un pensiero lo divise dai suoi compagni, che gli furono subito dietro. Ma lui non lo seppe mai, perché si trovò d’un tratto a cadere da solo dentro un oceano di tenebre.
«Gereen! Oceana!» chiamò mentre cadeva. Ma non riusciva neanche a sentire la propria voce, mentre roteava sempre più velocemente verso il basso.
D’un tratto scorse una luce che si avvicinava dal fondo del liquido abisso. Sembrava la fiamma di una candela danzante, e poi diventò un braciere rosso, e poi ancora una sfera di luce azzurra. Cadde verso quell’immagine cangiante, e mentre si avvicinava ad essa, la lama del suo bastone incominciò ad emanare nuova luce. Intravide un pavimento di roccia e la sua caduta rallentò bruscamente. Poi toccò terra.
Riusciva a vedere solo fino a pochi passi di distanza, ma sentiva di trovarsi in un enorme grotta sotterranea. Cercò la fonte luminosa che aveva visto cadendo, ma non scorse niente. Avvertì piuttosto una presenza vicina. Ogni suo senso registrò il pericolo. Sparse la luce più lontano e vide un’ombra contorta e mutevole venire verso di lui. Non era un animale ma un’infelice creatura di qualche aliena dimensione, un essere claudicante ed asimmetrico fuoriuscito dal peggior incubo. Mostrava fauci aguzze e ricordava vagamente un enorme felino, un gatto sfigurato dalle malizie di un dio depravato. Con un agile balzo si avventò sull’uomo.
Per un momento Rey-Hawk fu certo di non riuscire a muoversi, inchiodato a terra da un nuovo maleficio. Poi scattò di lato evitando l’attacco e impugnando a due mani la sua arma. Quando l’essere gli si scagliò nuovamente addosso, la sperana colpì con grande precisione, aprendo da parte a parte il ventre della creatura. Viscere giallognole fuoriuscirono mentre il mostro crollava a terra. Rey- Hawk si guardò subito attorno cercando altri nemici, ma nessuno apparve più nel cerchio di luce. Intravide invece la fiamma della candela che si trasformava, a un centinaio di passi davanti a lui. Le andò incontro, mentre questa continuava a cambiare. Divenne rossa come un fiume di lava, e blu come una stella. Poi si spense, e Rey-Hawk intravide qualcos’altro. Lasciò cercare alla luce della sua lama, che illuminò un grande specchio quadrato incastonato nella pietra nera della torre. Lo Stregone vide la sua immagine riflessa, il suo volto contorto in una smorfia di dolore, il suo sguardo perduto nel mistero che gli si ergeva davanti agli occhi. Improvvisamente fu la sua immagine a parlargli.
«È forse giunto qualcuno a farmi visita? Chi sei tu, valoroso mortale, che uccidi il mio guardiano con tanta facilità? Perché sei venuto a cercare il Signore del Tempo?»
La voce era tale e quale alla sua, ma non sembrava provenire dallo specchio. Era tutta intorno a lui.
«Grande Cronox, nella mia terra mi chiamano Rey-Hawk e sono un guerriero ed un mago. Giungo da molto lontano per svelare il più grande dei misteri, quello che si nasconde dietro di te.»
«Nessun mistero si cela dietro di me, e se tu credi che esista, vuol dire sei tu che lo hai creato.»
«Eppure ogni mio nemico cade sotto i colpi della mia spada, ogni elemento di piega al volere dei miei incantamenti, ed ancora non riesco a sfuggire al tuo inganno.»
«Perché mi combatti? Io non sono tuo nemico.»
Per un attimo Rey-Hawk non seppe cos’altro dire, ma il ricordo della leggenda di Mornigo lo scosse. Se il Cronologo era riuscito ad ingannare il tempo, allora doveva esserci una risposta alle sue domande.
«Invece lo sei! Mi stai uccidendo lentamente, e non posso combatterti. Sei il mio più grande nemico, e il più codardo di tutti. Ma forse adesso potrò chiederti di confrontarmi.»
«Le tue non sono le parole di un uomo saggio. Vuoi conoscere il mio segreto? Non occorreva che tu facessi tanta strada. Guardati attorno, e dimmi cosa vedi?»
«Vedo gente che invecchia e che muore, fiumi che seccano e montagne corrose dalle piogge, storie che diventano leggende e canzoni che si perdono nell’oblio.Vedo la mia pelle raggrinzirsi ed i miei occhi diventare ogni giorno più vacui. Vedo la tua opera di distruzione.»
«E mentre vedi tutto ciò, che cosa accade dentro di te? L’opera di distruzione penetra anche dentro il tuo cuore?»
Rey-Hawk avrebbe voluto rispondere di si, ma si accorse che qualcosa gli sfuggiva. Rimase in silenzio per un momento, e Cronox prese nuovamente la parola.
«Vedi mortale, il mio inganno è solo un’illusione. Tu SEI e perciò RIMANI, mentre tutto ciò che ti circonda ti appartiene solo per un attimo, perché in verità nulla ti appartiene, solo te stesso, e tu sei tutto ciò di cui hai bisogno. Questo è il mio segreto, ma grande è l’abisso che separa un uomo dal conoscerlo e l’accettarlo. Per la tua avventatezza una maledizione cadrà su di te, e ti accompagnerà fin quando non avrai superato quell’abisso. Incomincia adesso.»
La sua immagine riflessa si offuscò e Rey-Hawk vide la scena in cui i suoi compagni, Gereen ed Oceana, combattevano una disperata lotta contro il guardiano-felino.
«No! Cosa vuoi fare? Loro non c’entrano!» urlò disperato lo Stregone.
E mentre guardava la creatura fare a pezzi i suoi amici, Rey-Hawk sentì scandire, da una voce che ricordava la sabbia che scende in una clessidra, il prezzo della sua maledizione.
«Nefasto sarà il destino di ogni tuo compagno di avventure, fino al giorno in cui tu non mi comprenderai.»
L’ultima parola pronunciata dal Signore del Tempo divenne un continuo frusciare di sabbia. Rey-Hawk sentì cedere la terra sotto i suoi piedi. Si accorse di girare pazzamente dentro un vortice di sabbia, che lo trascinava verso una gola oscura. Alzò lo sguardo e scorse un fuoco che danzava nella notte. Accanto al fuoco intravide una piccola creatura. Era Stepeleo.
Così lo Stregone incominciò a nuotare disperatamente nella sabbia che lo spingeva giù. Lentamente avanzò verso la luce, un metro alla volta, attingendo a tutte le sue forze. Finalmente il vortice abbandonò la presa e lui si ritrovò in piedi. Corse disperato verso il fuoco e si accorse di ridiscendere la sporgenza dove si ergeva la torre. Rallentò, gettando uno sguardo indietro, ma la torre era ormai svanita nella notte.

Le lune se ne erano andate ed il sole schiariva già l’oriente. Due figure discendevano le scogliere verso la spiaggia. Una era alta e portava lunghi capelli argentati e folti baffi. L’altra invece era minuta, e aveva lineamenti aguzzi e occhi rossi. Un sentiero scosceso scavato nella roccia scendeva verso il mare. I due si fermarono davanti alle onde che si perdevano nella sabbia. Il freddo sole del nord illuminava gli occhi dell’uomo. Occhi sempre più velati.
Rey-Hawk recitò una preghiera per Gereen ed Oceana. Poi ne recitò un’altra per i compagni che avrebbe incontrato in futuro.

GM Willo - 2002

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